domenica 9 settembre 2007

LIVIA TURCO CERCA LA CURA PER SETTEMBRE

Alla vigilia delle ferie – gran parte dei parlamentari erano già salpati per luoghi lontani- il Ministro della Salute Livia Turco ha firmato, l’11 agosto, una vera e propria raffica di decreti. Convocata una conferenza stampa ha tenuto a ricordare al colto ed all’inclito che le malattie non vanno mai in vacanza- specialmente quelle infettive come l’Aids. Molte le illazioni su dove sia andata a trascorrere qualche giorno distante dal dicastero. Più rilevanti, i libri che ha portato con sé per prepararsi alla “battaglia di settembre”- quella sulla legge di bilancio (in gergo giornalistico la finanziaria) quando le spese per la sanità sono sempre messe sotto accusa, specialmente dagli occhialuti della Ragioneria Generale dello Stato (Rgs).
Ha, in primo luogo, messo nella sua borsa la terza edizione (appena pubblicata negli Usa e in Gran Bretagna) di un classico “Governing Health: the Politics of Health Policy” (“Gornare la sanità: la politica politicante della Politica Sanitaria” (attenzione alle maiuscole) di Carol e William Weissert, una coppia di economisti che hanno dedicato una vita (ormai sono ambedue “emeriti”) all’analisi dei retroscena (burocrazia, gruppi di pressione, partiti) che incidono sulla politica della salute. Il volume esamina essenzialmente gli Usa, ma ha indicazioni utili anche per l’Italia.
Un vero e proprio asso nella manica è il saggio di Olaf Storbeck “Die Gesundheistausgaben explodieren? Gut So” (“La spesa sanitaria esplode. Tanto meglio) pubblicato su “Handelsblatt” qualche mese fa ma soltanto adesso portato alla sua attenzione: l’analisi sottolinea che la salute “è un bene superiore”, la cui domanda cresce più dei redditi. Storbeck cita diffusamente le analisi Hall e Jones secondo cui negli Usa la spesa sanitaria dovrebbe raggiungere il 30% nel 2050 (rispetto al 15% di oggi). In Italia, dove la spesa sanitaria complessiva, è aumentata dal 7,1% all’8,4 del pil tra il 1995 ed il 2005, il margine è ancora ampio, anche in quanto le nostre spese pro-capite sono il 20% inferiori a quelle di Francia e Germania. Uno studio interno della Deutsche Bank – “Long live and prosper!” (“Vivi a lungo e prospera!”) redatto in inglese da Stefan Bergheim per assicuragli una più vasta diffusione – sostiene una tesi analoga (con una ridda di cifre e grafici); mette in particolare l’accento sull’incidenza della sanità sulla produttività degli anziani – sempre più chiamati a contribuire alla crescita nell’Ue.
Ciò non significa, però, lasciare la spesa sanitaria regionale (in Italia la competenza in materia è loro) a briglia sciolta? Sulla Revue d’Economie Financière, Livia Turco ha individuato un saggio molto utile di Philippe Ulmann, ordinario di gestione dei servizi sanitari presso il prestigioso Conservatoire nationals des art et des métiers (Cnam): “Est –il possibile (sohaitable) de maîtriser les dépense de santé?” (“Si possono portare sotto controllo le spese per la salute ed è auspicabile farlo?”) Il saggio presenta una gamma di misure per contenere la spesa sanitaria pubblica e migliorarne l’efficienza (in Francia la crisi finanziaria del settore è molto seria) , avvertendo, però, che i loro effetti potranno soltanto essere di breve periodo in quanto l’invecchiamento della popolazione ed il progresso tecnico comportano maggiori esborsi nel medio e lungo. A tali costi, tuttavia, fanno riscontro – sostiene Ulmann- benefici molto elevati in termini di allungamento delle prospettive di vita in condizioni di buona qualità, benessere della popolazione, occupazione ed innovazione.

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