lunedì 17 settembre 2007

Alitalia, Prodi guardava Oltralpe ma Ryanair ha rovinato il piano

La crisi subprime, la preparazione delle legge finanziaria e altri avvenimenti hanno distolto, da un paio di settimane, l’attenzione dei giornalisti economici (principalmente di quelli dei quotidiani generalisti alle prese con poco spazio e tanta carne al fuoco) dalle vicende di quella che alcuni ancora oggi chiamano la “nostra compagnia di bandiera”. Il complesso intreccio, invece, va avanti. Se non fossero intervenuti due elementi inattesi - uno legato proprio ai francesi di Air France e l'altro alla compagnia low-cost Rynair -, il copione seguirebbe la traccia scritta circa un anno fa dall’inquilino di Palazzo Chigi e dai suoi più stretti collaboratori: giungere ad una cessione analoga a quella tentata oltre venti anni fa per cedere la Sme al Gruppo De Benedetti (sventata alla tredicesima ora) tramite una trattativa privata. Il disegno era ancora più articolato: nella cessione, mantenere un ruolo per lo Stato (e qualche poltrona per amici ed amici-degli-amici da sistemare). Un’operazione, quindi, in puro stile “prima Repubblica”, ove non “ante-prima Repubblica”.
Ricapitoliamo i passi essenziali. A fronte della crisi finanziaria e industriale della compagnia, promettere di lanciare un’asta ma in pratica varare un beauty contest con condizioni (italianità, livelli occupazionali, mantenimento di due hub) che nessuno avrebbe potuto accettare. In effetti, undici concorrenti hanno manifestato interesse a fine gennaio, ma come i “piccoli indiani” dal capolavoro giallo di Agatha Christie si sono sfilati tutti. Era quello che si voleva poiché l’intenzione era di fare un aumento di capitale con Air France-Kml; d’altronde, solamente Air France (che partecipa da anni al capitale Alitalia e ne ha avuto a lungo un seggio nel Cda) è a conoscenza del dato che non è mai stato fornito agli altri concorrenti: la redditività per le singole rotte. Fallito il beauty contest, si è giunti alla fase clou del dramma: o riassetto e vendita o libri in tribunale. C’è cassa, infatti, soltanto per pochi mesi (ma le cifre diventano sempre più confuse giorno dopo giorno). Intanto, Maurizio Prato, dirigente Iri di lungo corso con reputazione di ottimo liquidatore ma talvolta anche di buon risanatore, è stato posto alla guida della compagnia. Nella confusione generale di mercati finanziari turbolenti e di un Governo in continua fibrillazione, riprendono (segretissimamente) le trattative con Air France-Klm con la prospettiva di andare in porto prima della fina dell’anno.
Air France (vale la pena ricordalo) è uscita da una crisi che ha vari punti in comune con quella dell’Alitalia. Un saggio di Andrea Goldstein dell’Ocse, i cui aspetti salienti sono stati pubblicati in www.lavoce.info, analizza il percorso seguito. Per tornare a vedere il sereno, la compagnia francese procedette a un’analisi della redditività dei singoli scali e vennero chiusi quelli che a breve e medio periodo non garantivano prospettive interessanti. Alcune delle rotte soppresse, come quelle tra Orly, il secondo aeroporto parigino, e città di provincia come Perpignan, Tolone e Nantes, erano chiaramente importanti per politici e notabili locali, ma ogni resistenza venne superata perché il governo di Parigi non era disposto a perdere la faccia di fronte alla Commissione europea. Altre destinazioni, come Nagoya, Pisa e Ljubljana per il traffico passeggeri o Johannesburg per quello merci, furono allora soppresse, ma quando poi le condizioni di mercato sono cambiate, Air France ha deciso di tornare a servirle.
La seconda decisione strategica fu quella di intensificare la rete dei collegamenti, aumentando sia le frequenze sulle linee principali sia il numero di destinazioni servite a cadenza giornaliera, di sopprimere gli scali intermedi e di lanciare l’hub di Charles de Gaulle. La qualità dell’hub, più moderno e compatto rispetto a concorrenti come Londra Heathrow, lo sviluppo di un’alleanza con Delta Airlines e l’alto numero delle connessioni e pertanto delle alternative, hanno fatto sì che per Air France la carta tariffaria non fosse l’unica da utilizzare per competere con i rivali.
Il terzo elemento strategico fu la messa in atto di un sistema di tariffe capace di modulare le proposte tariffarie a seconda delle condizioni di mercato. Infine, più di cinquecento misure puntuali di riduzione dei costi e di miglioramento della produttività vennero introdotte nei primi quattro anni della ristrutturazione, consentendo più di 3 miliardi di franchi di economie. Nell’ottobre 1998, un accordo globale pluriennale venne concluso con il Syndicat national des pilotes de ligne, in base al quale il 12 per cento del capitale della società venne ceduto a chi, tra il personale navigante tecnico, fosse disposto a ridurre il proprio salario.
Il “programma di sopravvivenza” presentato da Maurizio Prato al CdA (e da questi approvato) ricalca a menadito la strada di riassetto di Air France. Prodi & Co. dovrebbero essere lieti: è stato un melodramma fosco come il verdiano La Forza del Destino, ma, grazie al Fato (e alla furbizia dei consiglieri di Palazzo Chigi) sta andando a quello che loro considerano buon fine. Tuttavia, si sono intromessi due elementi (oltre alla durezza dei piloti Alitalia, notevolmente maggiore di quelli di Air France) che rischiamo (come in un’opera buffa, ad esempio la rossiniana L’Inutile Precauzione ovvero il Barbiere di Siviglia) di mandare tutto all’aria.
In primo luogo, nonostante i generosi interventi delle banche centrali si respira aria di avversione al rischio sui mercati: per questo Air France ha alzato la posta (non perché Prodi con la sua aria di curé de campagne – lo qualificano così a Parigi, patria di Bernanos – sia l’antitesi di Sarkozy). Posta più alta equivale a richiedere un unico “hub” (Fiumicino, Malpensa è troppo vicina a Charles De Gaulle per essere gradita ad Alitalia) e la chiusura di scali (perché tenere in piedi il cosiddetto Aeroporto degli Stretti a Reggio Calabria con tre voli al giorno?). In secondo luogo, si è presentato a cena un ospite non invitato (e non gradito): Ryanair pronta ad investire alla grande in Malpensa rilevando, però, gli slot pregiati di Alitalia e scatenando il putiferio (il Nord vuole potenziare Malpensa, ma Air France non si prende Alitalia se perde gli slot e si tiene aeroporti in perdita secca come Reggio Calabria).
Il dénouement promette di essere da opéra comique. A pagarne il conto, però, continueranno ad essere gli italiani. I quali dovrebbero chiedere di volare gratis con Alitalia: la stanno strapagando con le loro tasse.

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