domenica 31 gennaio 2016

Pippo Delbono. Il Vangelo in chiave contemporanea in Artribune 1 febbraio



Pippo Delbono. Il Vangelo in chiave contemporanea

La fusione tra i diversi generi di teatro musicale si sta diffondendo a ogni latitudine. “Vangelo, Opera Contemporanea” di Pippo Delbono ed Enzo Avitabile, protagonista di una tournée che sta attraversando l’Italia, ne è un esempio. Per questo motivo, al di là di preferenze e gusti, di meriti e debolezze, lo spettacolo merita attenzione.

Scritto da Giuseppe Pennisi | domenica, 31 gennaio 2016 · 0
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Vangelo di Pippo Delbono - photo di Maria Bratos
Vangelo di Pippo Delbono – photo di Maria Bratos
IL VANGELO, OGGI
Abbiamo assistito al Vangelo, Opera Contemporanea di Pippo Delbono e Enzo Avitabile al Teatro Argentina di Roma in un normale martedì sera. E proprio da Roma inizia una tournée italiana che durerà sino a fine marzo, toccando i teatri d’Opera di Bologna, Modena, Forlì e Trento. Dopo l’anteprima al Teatro Nazionale Croato, che lo co-produce, sarà presentato negli altri teatri promotori dell’iniziativa, toccando Losanna, Amiens e Liegi. L’ambizione è di estendere il circuito e di modificare lo spettacolo durante il suo viaggio. In parallelo, viene girato, in Svizzera, un film incentrato non solo sullo spettacolo, ma anche sulla sua preparazione e sul suo progressivo affinamento.
In affetti si è assistito a un work in progress che verrà visto in contesti nobili come il Teatro Comunale di Bologna, il Teatro Storchi di Modena e il Théâtre des Bouffes du Nord di Parigi (che fu di Peter Brook e Stéphane Lissner). Cambierà fattezze da una sala all’altra, pur mantenendo la stessa ossatura di fondo. Ad esempio, al Teatro Nazionale Croato è stato presentato con orchestra e coro dal vivo, mentre al Teatro Argentina di Roma ci si è dovuti accontentare di musica registrata per un sintetizzatore elettronico; e tanto il microfono utilizzato dal protagonista (Delbono) quanto l’apparato musicale lasciavano decisamente a desiderare: a volte si perdevano anche le parole.
Vangelo di Pippo Delbono - photo di Maria Bratos
Vangelo di Pippo Delbono – photo di Maria Bratos
LA FEDE, IL TEATRO
Ma cos’è Vangelo, Opera Contemporanea? Delbono – lo sappiamo – predica un teatro povero: una tela per proiezioni, abiti correnti e una compagnia non di attori professionisti ma, in gran misura, di figure sensibili (un muto, un ragazzo con la sindrome di Down, un clochard, rifugiati del centro di accoglienza di Asti). In questo caso, il nocciolo duro della compagnia è integrato da attori del Teatro Nazionale Croato. Il suo “compositore”, Enzo Avitabile, è un cantautore che per la prima volta si trova alle prese con una scrittura per orchestra di medie dimensioni e con la polifonia.
Il lavoro si presenta, al pari di altre opere di Delbono, come un omaggio alla propria madre, cattolica fervente, che gli ha chiesto di portare il Vangelo in teatro. Delbono è cresciuto cattolico ma si è allontano dalla fede, influenzato da filosofie e religioni orientali confluite poi nel suo teatro e nella sua vita interiore. Durante le due ore di spettacolo, un lungo monologo di Delbono mostra scene del Vangelo, scegliendo alcuni passaggi della Passione in cui viene messa in risalto il punto di vista della folla, favorevole alla liberazione di Barabba.
Vangelo di Pippo Delbono - photo di Maria Bratos
Vangelo di Pippo Delbono – photo di Maria Bratos
SEMPLICITÀ APPARENTE
L’assunto di base non è un ritorno alla Chiesa, ma la frase di André Malraux secondo cui “in fin dei conti Cristo è l’unico anarchico che ce l’ha fatta”. Questo assunto viene declinato attraverso riferimenti alle esperienze precedenti (ormai arcinote) di Delbono, dall’Odin Teatret al Tanztheater Wuppertal creato da Pina Bausch, nonché da quelle di matrice orientale. È uno spettacolo solo apparentemente semplice: il filo conduttore, la forza vitale del dolore, è il nesso sottointeso di momenti e scene che paiono sconnessi. Dovrà essere certamente via via affinato.
E la partitura di Avitabile? Per quanto si sia riuscito ad ascoltare, nonostante citazioni da autori di spessore – a partire dal Don Giovanni di Mozart – è più prossima alla musica leggera che a quella chiamata alta.
Applausi non calorosissimi al calar del sipario. E qualche pisolino in sala.
Giuseppe Pennisi
www.teatrodiroma.net
www.pippodelbono.it
Vangelo di Pippo Delbono - photo di Maria Bratos
Vangelo di Pippo Delbono - photo di Maria Bratos
Vangelo di Pippo Delbono - photo di Maria Bratos
Vangelo di Pippo Delbono - photo di Maria Bratos

Il nuovo "sgambetto" di Merkel e Hollande a Renzi in Susssidiario 1 febbraio 2016



FINANZA/ Il nuovo "sgambetto" di Merkel e Hollande a Renzi
Pubblicazione: lunedì 1 febbraio 2016
Angela Merkel e François Hollande (Infophoto) Angela Merkel e François Hollande (Infophoto)
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Le cronache (di qualche lustro orsono) dicono che nel teatrino della Parrocchia di Pontassieve l’attuale Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, abbia partecipato (allora era poco più di un bambino) a un paio di recite della commedia musicale di Garinei e Giovannini “Aggiungi un posto a tavola” in cui si narrava di un nuovo diluvio universale in un paesetto dei nostri tempi; quindi, anche individui abbastanza incompatibili tra di loro o con vecchie ruggini chiedevano al parroco (neo- Noé) che venisse aggiunto un posto, pure per loro, sull’Arca.
La riunione con la Cancelliera tedesca Angela Merkel era stata preparata, con diligenza, dalla Farnesina (pur in armi nei confronti dell’inquilino pro-tempore di Palazzo Chigi per la sostituzione di un noto e apprezzato diplomatico di carriera con un politico conosciuto per il suo dinamismo aggressivo). L’obiettivo da raggiungere era quello di aggiungere un posto al tavolo a cui ora siedono Angela Merkel e François Hollande, un “direttorio informale” che si riunisce, o si parla via Skype, prima dei vertici dei Capi di Stati e di Governo dell’Unione europea, al fine di definire un punto di convergenza, ove non un accordi, sulle questioni di fondo all’ordine del giorno.
A Renzi, Presidente del Consiglio della terza maggiore economia dell’unione monetaria, nonché di uno degli “Stati fondatori” dell’Ue, “rode”- si direbbe un gergo romano - di non fare parte del “direttorio”, e sostanzialmente, di restare fuori la porta quando al tavolo del “direttorio informale” si discute di questioni chiave e si prendono decisioni di grande rilievo. Quindi, tutti mobilitati ad aggiungere un posto.
Gli sforzi - pare - non sono stati commensurati ai risultati ottenuti. Il Corriere della Sera ha titolato i servizi dedicati all’incontro lento disgelo nei rapporti tra Italia e Germania; in effetti, nella storia dell’Ue, mai Roma e Berlino divergono su tanti dossier. Il lento disgelo non ha, naturalmente, portato un posto al tavolo del “direttorio informale”, ma la promessa che “zia Angela” farà una telefonata al “nipotino Matteo” prima dei vertici Ue. Non è detto che nella telefonata gli svelerà quando concluso con Hollande o gli chiederà il parere su questo o quell’argomento all’ordine del giorno.
Ci sono due ordini di ragioni che spiegano perché l’incontro sia terminato così. Alcune appartengono al campo delle relazioni internazionali. Altre sono più prettamente economiche. A livello internazionale (ma anche sul piano interno) di norma non si chiede di essere ammessi a un club ristretto ed esclusivo (specialmente se composto solamente da due soci). La prassi è che si è invitati per cooptazione. Se e quando vogliono, Angela Merkel e François Hollande, se e quando pensano che Matteo Renzi possa dare loro un effettivo contributo, non avranno nessuna difficoltà a invitarlo al tavolo, proprio per il contributo che ritengono possano ottenere sulle difficili questioni europee. In materia di seggi nelle organizzazioni internazionali, purtroppo, l’Italia non ha una buona fama. Applica quella che Stefano Silvestri, a lungo Presidente dell’Istituto affari internazionali chiama la politica del sedere, ossia la politica in base alla quale si chiede un seggio, ma una volta ottenuto non si sa cosa farsene.

Spesso la responsabilità non è di coloro che ottengono l’incarico , e poggiano il loro posteriore sul seggio, ma di direttive tardive, e anche contraddittorie, provenienti da Roma. Non c’è nessun segno che la situazione - elemento di disorientamento dei nostri interlocutori - sia migliorata; al contrario, indicazioni e direttive provenienti dai Ministeri competenti per materia si sommano a spesso estemporanei tweet da Palazzo Chigi. In tale contesto, pochi hanno un genuino interesse ad aprirci le porte di club ristretti ed esclusivi dove si cammina su tappeti felpati, non si fa chiasso e non ci si vanta dei risultati che si pensa di avere ottenuto. O, peggio ancora, si utilizza il seggio per ragioni particolaristiche o di parte (quali le richieste di flessibilità).
A queste ragioni “diplomatiche” si aggiungono quelle economiche. L’Economist intellingence unit ha completato uno studio approfondito sull’Italia (di cui viene riportata una sintesi nel settimanale The Economist in edicola) da cui si ricava che, da un lato, se il Paese esce dalla moneta unica (o viene invitato ad andarsene) l’unione monetaria non potrà sopravvivere, e la stessa Ue sarà ad alto rischio ma, da un altro, se non vengono realizzate profonde riforme economiche (non istituzionali) è destinato a un progressivo impoverimento. In termini reali di parità di potere d’acquisto il Pil procapite è ai livelli del 1999.
Non tutte le previsioni per il futuro sono negative. Un’analisi della Commissione europea conclude che il Pil italiano potrebbe aumentare del 24% (rispetto allo scenario di base tracciato nello studio), ma su un arco di tempo di cinquanta anni; i benefici si comincerebbero a farsi sentire tra venticinque anni, mentre nei primi lustri del riassetto l’imprescindibile aumento della produttività comporterebbe inevitabilmente una contrazione dei salari reali, specialmente nelle regioni e aree meno sviluppate. In queste condizioni, i due documenti concordano, l’Italia ha poco da contribuire e molto da chiedere. Non la posizione migliore per fare parte di un “direttorio”, anche se “informale”.
Il quadro potrebbe migliorare se dall’Italia pervenissero proposte considerate, a torto o a ragione, non “particolaristiche”, come quella di una conferenza inter-governativa sul debito dell’eurozona. Non sembra che questa sia la strada del Presidente del Consiglio. 


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Così il Festival di Montecarlo aprirà alle scuole italianein in Formiche 31 gennaio



Così il Festival di Montecarlo aprirà alle scuole italiane
Così il Festival di Montecarlo aprirà alle scuole italiane
Che in Italia l’educazione musicale sia rara è noto, anzi notorio. Pochi sanno, però, che il Principato di Monaco da questo febbraio viene in soccorso delle scuole. Il Festival Printemps des Arts di Montecarlo apre le porte alle scuole italiane, rivolgendosi in particolare a quelle limitrofe della Riviera di Ponente. L’intento è quello di promuovere il festival come realtà produttiva e culturale rivolta agli studenti e al contempo di incrementare il numero di giovani che si appassionano alla musica e al teatro.
Il Printemps des Arts, giunto alla trentaduesima edizione, è una delle più importanti manifestazioni culturali europee incentrata sulla musica con una significativa apertura al teatro e alla danza. Incontri e interventi musicali, pensati per le scuole medie inferiori e superiori di Ventimiglia – Bordighera, Sanremo e Imperia – verranno realizzati nel mese di febbraio a preludio del festival.
L’edizione 2016, in programma dal 19 marzo al 10 aprile in sale da concerti e luoghi non convenzionali del Principato di Monaco, di Monte-Carlo e della Costa Azzurra, riserva grande spazio ad una delle voci più significative del decadentismo tardo-romantico. Il compositore e direttore d’orchestra Gustav Mahler, il cui ritratto, spalmato nelle quattro settimane del festival, è scandito dall’esecuzione dei Lieder e di 8 sinfonie affidate a quattro grandi orchestre tedesche riunite per la prima volta a Monaco: Bamberger Symphoniker, Deutsches Symphonie-Orchester Berlin, NDR Radiophilharmonie, Radio-Sinfonieorchester Stuttgart des SWR. Inoltre è presente l’Orchestra Filarmonica di Monte-Carlo diretta da Gianluigi Gelmetti, Daniel Harding e Kazuki Yamada.
Per tutta la durata del festival, sarà possibile visitare una mostra esposta all’Auditorium Rainier III e dedicata al maestro austriaco proveniente dalla Mediateca musicale Mahler di Parigi. Nel corso del festival è presente anche un ciclo di appuntamenti di musica da camera che prevedono l’esibizione di alcuni dei migliori quartetti del panorama europeo: da Diotima a Tana e Signum.
La ‘finestra’ sulla musica etnica prevede musiche e danze bretoni. Con la sezione “La musica al tempo del Re Sole” si passa dal fasto e alla grandiosità della musica barocca francese di Couperin e Lully e al virtuosismo della produzione clavicembalistica di matrice tedesca affidata allo specialista Andreas Staier. La Nuit du piano vede l’esibizione di due virtuosi della tastiera, l’austriaco Till Fellner e il russo Arcadi Volodos.
Parallelamente alla programmazione dei concerti scorre l’azione formativa e didattica promossa dal festival scandita da tavole rotonde, masterclass, e incontri che coinvolgono musicologi, produttori discografici e artisti e concerti – “caravan musicale” – in città vicine al Principato a preludio e durante il festival.
Le masterclass si terranno il 2 aprile (10.00-13.00) e il 6 aprile (14.00-17.00) presso l’Académie de Musique Rainier III tenute rispettivamente dal pianista Roger Muraro e dal clavicembalista Andreas Staier (ingresso libero fino ad esaurimento posti). Il workshop IANNIX finalizzato a presentare un nuovo strumento informatico che associa la musica elettronica alle immagini si terrà dal 24 al 28 marzo.
Per informazioni: printempsdesarts.mc

sabato 30 gennaio 2016

SI CHIUDE IL RING : UNA SCOMMESSA VINTA in Milano Finanza 30 gennaio



SI CHIUDE IL RING : UNA SCOMMESSA VINTA
Giuseppe Pennisi
Inaugurazione in grande stile , unitamente a buone notizie sulle finanze del Teatro, la sera del 28 gennaio al Massimo, con il Götterdämmerung  (Crepuscolo degli Dei) di Wagner che ha tenuto in sala gli spettatori per circa sei ore. Pochi gli smoking, ma molti gli abiti da sera per le signore con sala e palchi addobbati per un gran gala. Numerose le autorità presenti. Oltre 4600 coloro che hanno scelto di acquistare l’abbonamento a fronte dei 3700 dell’anno scorso, un incremento del 22 per cento rispetto al numero di abbonati della stagione 2015 , un dato di estremo interesse in confronto sia agli anni precedenti sia alla tendenza nazionale . E’ indicativo di buone scelte di cartellone e della sempre più frequente di vari generi musicali (tra l’altro, l’unico festival di musica contemporanea nel Mezzogiorno) , che hanno portato nuovo pubblico ; tra l’altro 300 posti della ‘prima’ sono stati riservati ai giovani. Già nel 2015, le presenze complessive per le opere, i balletti e i concerti nel 2015 sono state 114.140, a fronte delle 105 mila dell’anno precedente. Quindi è in atto un circolo virtuoso di crescita. Nel 2015, la percentuale di riempimento della sala è stata del 73% (superando di gran lunga quella della Scala). Per il 2016, si punta all’80% , cifra da festival.Per quel che riguarda i social, su Facebook sono stati collezionati 7.152 like contro i 5.000 dell’anno precedente, i follower su Twitter sono raddoppiati in un anno (ora sono 5.464) e quelli su Instagram sono oltre 2.400 contro i 64 del 2014. E’ stato approvato dal Ministero il piano di risanamento del debito; l’approvazione viene con un contributo addizionale di 8 milioni di euro.
 Andiamo a  Götterdämerung (“Il Crepuscolo degli Dei”), ultima “giornata” della tetralogia L’Anello del Nibelungo (in breve il Ring) di Richard Wagner nell’allestimento di Graham Vick; la messa in scena delle quattro opere (circa 16 ore di musica) è iniziato nel 2013 ed è stato interrotto per motivi di bilancio. Guardare, a ritroso, all’intero Ring del Massimo., si può dire che un Ring di questo livello non si vedeva ed ascoltava da quello co-prodotto una diecina di anni fa dal Festival di Aix en Provence e dal Festival di Pasqua di Salisburgo con i Berliner Philharmoniker diretti da Sir Simon Rattle e la regia di Stéphane Braunschweig- Drammaturgia, regia, impianto scenico, proiezioni e mimi sono parsi gradualmente più in linea con la parte musicale via via che il Ring si dipanava e dal mondo degli Dei germanici si passava a quello degli uomini. Alcuni critici hanno notato negativamente il piglio violento della messa in scena . Ma, in fin dei conti, siamo su un’estensione di quanto Chéreau fece a Bayreuth nel 1976 e Ronconi-Pizzi a Firenze nel 1979-81.
Vick ha dato una lettura politica che si adatta bene a Götterdämerung dove le divinità appaiono principalmente nel racconto di una Valchiria scorata (e che vede il “crepuscolo” di un intero universo), in tre Norme che hanno il presagio della fine e nelle tre figlie del Reno che ottengono il riscatto della natura primigenia. Il dramma è soprattutto negli intrighi di potere (e di sesso) nel Palazzo in cui l’ingenuo Sigfrido resta imbrigliato. Sono tali da richiedere l’olocausto di Brunilde e la fine del vecchio ordine nella speranza (il grande accordo in mi bemolle maggiore con cui termina la tetralogia) di un mondo migliore. Götterdämerung è anche l’opera del Ring in cui l’eros (sparito dai palcoscenici italiani) è più declinato: il risveglio di Sigfrido e Brunilde dopo la notte d’amore, la seduzione di Sigfrido da parte di Gutrune, il bruto desiderio di sesso da parte di Hagen, lo scambio di coppie (che occupa gran parte del secondo atto), i giochi erotici di Sigfrido con le figlie del Reno, il ricordo sia di Sigfrido sia di Brunilde della prima volta che fecero l’amore. Nei quattro anni si sono succeduti due direttori d’orchestra e vari cast-. Stefan Anton Reck ha senza dubbio maggior esperienza di Pietari Ikanen (che ha diretto le due opere); l’orchestra del Massimo è stata di altissimo livello. Buone le voci, ma deboli sia in Die Walkurie sia in Siegfried ed in Götterdämerung i ‘tenori eroici’, una merce davvero rara.